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Agenzia delle Entrate: remote working e lavoratori italiani operanti all'estero

A luglio 2021 l'Agenzia delle Entrate ha espresso la sua posizione nella Risposta ad interpello n. 345/2021 in merito alla applicazione dell’articolo 51 comma 8-bis (c.d. “retribuzioni convenzionali”) per i lavoratori dipendenti residenti in Italia che svolgono attività lavorativa all’estero.

Il caso

L’interpellante, fiscalmente residente in Italia, assunto con contratto a tempo indeterminato e distaccato a decorrere dal 1° maggio 2019 presso una consociata estera (francese), si è trasferito in Italia a decorrere dal 23 febbraio 2020 in ragione dell’emergenza sanitaria in corso, continuando a svolgere le proprie mansioni per la società estera in modalità di remote working.
Si chiede se alla luce di tale trasferimento vengano meno le condizioni previste per l’applicazione dell’articolo 51, comma 8-bis del TUIR.

Agenzia delle Entrate: remote working e lavoratori italiani operanti all'estero

La normativa di riferimento

L’art. 51, comma 1 e 8-bis del TUIR prevede un regime di tassazione alternativo per i soggetti fiscalmente residenti in Italia che prestano attività di lavoro dipendente all’estero: per tali soggetti il reddito imponibile è determinato sulla base delle “retribuzioni convenzionali” (definite con decreto ministeriale emanato annualmente), a prescindere dalla retribuzione effettiva erogata.
Tale disciplina trova applicazione al contemporaneo verificarsi delle seguenti condizioni:

        l’attività lavorativa venga prestata all’estero in via continuativa con un certo carattere di permanenza o di sufficiente stabilità;
        l’attività lavorativa sia l’oggetto esclusivo del rapporto dipendente e per tanto deve essere svolta all’estero;
        l’attività lavorativa sia prestata da dipendenti che nell’arco di 12 mesi soggiornino nello Stato estero per un periodo superiore a 183 giorni.

La posizione dell’Agenzia delle Entrate

L’Agenzia delle Entrate nega l’applicabilità di tale regime con decorrenza dalla data di trasferimento in Italia, in considerazione del fatto che a decorrere dalla data di trasferimento l’attività non è fisicamente svolta all’estero, a nulla rilevando il fatto che il contribuente si sia trasferito per effetto della emergenza sanitaria da Covid-19, continuando a svolgere la propria attività per conto della società francese, in modalità remote working.

Conclusioni

In conclusione si può dedurre che lo svolgimento di attività di lavoro dipendente per un datore di lavoro estero in modalità di “lavoro agile” in Italia, comporta la disapplicazione dell’articolo 51 comma 8-bis (c.d. “retribuzioni convenzionali”) a decorrere dalla data di trasferimento in Italia, a nulla rilevando il fatto che il trasferimento sia dovuto alle circostanze straordinarie del contesto pandemico da Covid-19.

Segnaliamo che tale posizione si pone in contrasto, perlomeno in linea di principio, con le indicazioni fornite dall’Accordo tra Italia e Francia del 16 luglio 2020, ai fini dell’applicazione dell’articolo 15 (Lavoro subordinato) della Convenzione contro le doppie imposizioni tra Italia e Francia.

L’accordo in commento, in via del tutto eccezionale in considerazione delle limitazioni introdotte per il contenimento della pandemia Covid-19, stabilisce che ai fini dell’applicazione dei commi 1 e 4 dell’articolo 15, i giorni “lavorati” nello stato di residenza (Italia) nell’interesse del datore di lavoro estero vengano considerati come giorni “lavorati” all’estero (Francia), qualora il lavoratore, in assenza di tali misure straordinarie, avesse svolto all’estero la propria attività.

Di fatto l’accordo intende neutralizzare, agli effetti fiscali, il rientro nei Paesi di residenza dei lavoratori che continuano a svolgere la propria attività per conto del soggetto estero ma con modalità alternative (“remote working”) per effetto delle limitazioni imposte dal contesto pandemico.